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Altre violazioni dei diritti umani ai danni della popolazione rifugiata residente nell’hotspot di Samos durante la pandemia: a denunciarlo è Still I Rise, organizzazione non profit attiva dal 2018 sull’isola, attraverso il nuovo report “Isolati e dimenticati: l’impatto delle restrizioni da COVID-19 nell’hotspot di Samos”.

I fatti riportati si riferiscono a tutto il 2020 e buona parte del 2021: le misure straordinarie per gestire la crisi sanitaria hanno dato il via libera al governo greco per attuare un protocollo di isolamento inumano ai danni dei residenti dell’hotspot, senza garanzia di sufficiente supporto medico, né di serie misure di protezione nei campi.

In origine, le testimonianze raccolte e confluite nel report erano parte di una causa penale che Still I Rise intendeva presentare ai danni del Ministro della Migrazione e Asilo, del Ministro della Salute e del Ministro della Protezione Civile ellenici: tuttavia, l’immunità parlamentare garantita dalla legge greca ai suoi ministri in carica avrebbe reso vana ogni azione giudiziaria. E così anche per la violazione sistematica dei diritti umani non esistono colpevoli.

«Durante tutto il corso della pandemia, invece di decongestionare i campi profughi in modo da permettere ai residenti di proteggersi dal virus, le autorità greche hanno lasciato queste persone in condizioni disumane e criminali, tenendo le strutture in lockdown per lunghi periodi e mettendo a rischio la salute di persone estremamente vulnerabili. Stiamo parlando di esseri umani nell’Europa del 2021: è inaccettabile che ciò sia stato permesso e che non ci siano vie legali effettive ed efficienti per avere giustizia», dichiara Giulia Cicoli, Direttrice Advocacy di Still I Rise.

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